Sfortunatamente per chi ha scelto il titolo del documentario, i recenti fatti di guerra, quella vera, hanno ridimensionato la presa della retorica della “guerra al virus”, evidenziandone i limiti e smorzandone il potenziale comunicativo. Ma nel caso del Brasile, la metafora bellica non sembra né esagerata né inopportuna.
Il presidente Bolsonaro ha infatti il poco invidiabile merito di aver raggiunto dei livelli di improvvisazione nella gestione dell’emergenza sanitaria e di arroganza comunicativa difficilmente eguagliabili. Verrebbe quasi da dire che l’attuale capo di stato brasiliano è “un Trump che ce l’ha fatta”: un bulletto che sbraita contro i giornalisti perché incapace di reggere alle sue stesse incoerenze, un omino grottesco e tragico a capo di una combriccola di kamikaze. Mentre fuori il paese collassa.
Per quanto al momento sia troppo vivo il ricordo delle conferenze stampa deliranti e la rabbia pervada grandi strati della popolazione brasiliana, Sieged. The Press Vs Denialism cerca di porsi come il punto di partenza per una nuova stagione di riflessione nazionale e internazionale sulle responsabilità di chi ha gestito politicamente questi primi due anni di pandemia e di chi ha avuto il compito di raccontarla attraverso i media.
Nel documentario si toccano con mano la forza e la risolutezza di un popolo lasciato in balia degli eventi da un governo che per ben 12 settimane non ha avuto un ministro della sanità, un popolo pieno di fede (una fede così concreta che agli occhi occidentali può risultare difficile da comprendere) che deve lottare contro il suo stesso presidente, il quale vorrebbe che i cittadini “smettessero di lamentarsi” e continuassero come se nulla fosse.
Nel corso del documentario, sfilano immagini surreali di arroganza e cecità che sembrano uscite da un film di fantascienza distopico, immagini di coraggio e resistenza da parte dei giornalisti e del personale sanitario, immagini di dolore e gioia che colpiscono improvvisamente i parenti di chi non ce l’ha fatta e di chi è fuori pericolo.
Ministri che scoprono in diretta le decisioni del capo del governo e riescono a stento a trattenere gli insulti, medici che riescono a riposare solo grazie all’aiuto di farmaci, persone in fila per ore in attesa di un test sono solo alcuni dei protagonisti di questo documentario.
Sieged The Press Vs Denialise, trascurando alcuni aspetti che forse avrebbero potuto trovare un minino spazio come quello delle popolazioni native, mostra la disperazione di chi non ha materialmente più le forze per aiutare i propri concittadini e la frustrazione crescente di chi dovrebbe poter raccontare quello che sta succedendo e che invece deve subire quotidianamente vessazioni e umiliazioni.
Perché oltre alla sfida sanitaria il Brasile ha dovuto, infatti, affrontare un vero e proprio sabotaggio attivo da parte di Bolsonaro&co, con bollettini che uscivano ben dopo gli orari dei telegiornali e piccole bande di esagitati che venivano sguinzagliati di fronte ai giornalisti per intimidirli e impedire di fare domande scomode, per citare solo i due casi più eclatanti.
Quella diretta da Caio Cavechini è quindi sia la cronaca di una tragedia (i 500.000 morti di Covid del Brasile) che si sarebbe potuta arginare se il presidente non fosse stato un attivo diffusore di fake news e un negazionista incallito, sia il tentativo di raccontare le nuove sfide che i media e la comunicazione scientifica devono affrontare in questi “tempi interessanti”.
Per chi riesce a superare la montagne russe emotive da covidcoaster e ha il desiderio di approfondire ulteriormente uno degli aspetti più controversi di questi due anni di pandemia, Sieged The Press Vs Denialism offrirà sicuramente molti spunti di riflessione interessanti.
Marco Lera