Prima opera in assoluto dell’architettura gotica, la basilica di Saint-Denis inaugurò quel nuovo stile e gusto che caratterizzerà le grandi basiliche europee per secoli. La sua “invenzione” si deve all’abate Sugerio, che impiegò per la prima volta l’arco acuto, la volta ogiva e gli archi rampanti.
Dedicata ad uno dei santi più venerati di Francia, san Dionigi, primo vescovo di Lutezia (Parigi), secondo la tradizione la chiesa sorgerebbe sul luogo in cui il santo adagiò la propria testa. Infatti, dopo che venne martirizzato con la decapitazione, in un luogo oggi collocabile all’attuale Montmartre, San Dionigi, rialzatosi, prese la propria testa fra le mani e si diresse verso nord, guidato dalla luce divina. Circa sei chilometri dopo consegnò il capo ad una donna appartenente alla nobiltà romana, Catulla, dopodiché il corpo cadde a terra senza vita. La donna seppellì il corpo, secondo le usanze cristiane, in un terreno di sua proprietà, poi ribattezzato Vicus Catulliacus, antico nome dell’attuale città di Saint-Denis.
Fu il re franco Dagoberto I a costruire, tra il 628 e il 637, il nucleo principale dell’abbazia di Saint-Denis. Successivamente, con l’introduzione alla regola benedettina, l’abbazia entrò in un periodo di grande ricchezza e splendore.
Originariamente, l’edificio di epoca carolingia fu dedicato a san Pietro, con pianta semplicemente tripartita in navate, in cui era presente un transetto, culminante in un’abside semicircolare. Sotto quest’ultimo vi era una cripta circolare, su imitazione dello stile romano, che permetteva ai fedeli di visitare le reliquie dei santi martiri.
Ma è nella prima metà del XII secolo che la storia dell’edificio assume un carattere peculiare, carattere che segnerà per sempre la storia dell’architettura e dell’arte in generale. Sugerio, consigliere di re Luigi VI e abate di Saint-Denis dal 1122 al 1151, decise di rinnovare la vecchia chiesa carolingia.
Spinto dall’esigenza di favorire l’ingresso della luce all’interno della struttura, fino ad allora illuminata con le candele, che rappresentavano non solo un costo cospicuo ma anche un pericolo per gli incendi, ma anche da necessità teologiche, quale la realizzazione di una “Gerusalemme celeste”, Sugerio diede inizio ai lavori nel 1136, modificando drasticamente la facciata dell’edificio e con sé la struttura romanica originaria, sostituendola con la monumentale facciata a nartece. Altra innovazione, che diede vita a non poche polemiche tra i conservatori, fu l’introduzione al centro della facciata di un rosone, al posto dei classici finestroni, innovazione questa che diverrà motivo ricorrente nelle cattedrali francesi.
Viene mantenuto il corpo composto da tre navate che terminano in un abside semicircolare circondato da un doppio deambulatorio, retrostante l’altare, il che consentiva l’afflusso dei fedeli. Per la copertura viene adottata la tecnica delle volte a crociera ogivali che, a differenza di quelle a botte fino ad allora utilizzate, permetteva di distribuire meglio le forze verso i lati, consentendo di abbandonare i larghi muri portanti e i pilastri, in modo tale da utilizzare muri più snelli, alti e sorretti da semplici colonne all’interno e da archi rampanti all’esterno, in modo da scaricarne il peso equamente. Le innovazioni sono così efficaci da permettere di portare l’altezza della volta a circa 29 m, misure fino ad allora inimmaginabili. La luce si irradia armonicamente, arricchita dai mille colori delle vetrate, che raffigurano scene sacre e regali.
A dominare l’intera struttura troviamo il grande tetto rivestito da lastre di rame, che gli conferisce il colore verdastro tipico delle strutture francesi, sormontato da una caratteristica cresta traforata.
La sua realizzazione andò incontro a diverse critiche da parte di personaggi di rilievo, quali Bernardo di Chiaravalle, che predicava il ritorno ad una chiesa austera e condannava l’eccessivo sfarzo di Sugerio, accusandolo addirittura del peccato di superbia, in quanto si era fatto rappresentare diverse volte nelle decorazioni. In effetti, l’abate era convinto che non ci fosse limite al lusso per rappresentare la bellezza di Dio, e non badò a spese per la realizzazione del suo sogno. Per fare ciò, utilizzò il Tesoro di san Dionigi, in modo da non venderne le reliquie e i preziosi ornamenti, ma trasformandolo in un’attrazione per i fedeli, che erano disposti a pagare profumatamente per vedere e venerare le reliquie del santo.
La chiesa divenne ben presto sacrario dei re di Francia, infatti tutti i sovrani defunti dal X secolo al 1789, ad eccezione di tre, vennero sepolti qui. Durante la Rivoluzione francese, le tombe vennero profanate e i resti dei re gettati in fosse comuni.
La basilica di Saint Denis, innovatrice dei tempi, non ci ha lasciato traccia del suo architetto, in quanto a volte la storia preferisce tramandare il nome di colui che ha osato sognare più di chiunque altro.
Tommaso Amato