Può la passione per la scultura, unita ad un talento fuori dal comune, sopperire alla “sfortuna” di essere nata donna poco dopo la metà del 1800? Protagonista di oggi è l’arte della scultrice francese Camille Claudel, che cominciò ad essere osteggiata già tra le mura domestiche, avendo a che fare con l’indifferenza delle altre donne della famiglia, che le offrirono cinismo invece che solidarietà. Ma un talento così grande e potente non può non avere la meglio, e infatti, grazie al supporto del padre, che fu il primo ad accorgersi delle sue doti artistiche, e agli occhi sapienti dello scultore Alfred Boucher, insegnante alla celebre Accademia Colarossi di Parigi, Camille si trasferì nella capitale francese per coltivare quella passione e quel genio dirompenti.

A 17 anni, scandalizzando il funzionario statale delle Belle Arti, la giovane Claudel inizia a scolpire in atelier figure nude che danzano insieme: tra le opere spicca “Il Valzer (La Valse)“, realizzata tra il 1883 e il 1901 e riprodotta in quattro esemplari. La scultura mostra una donna e un uomo colti in un abbraccio, mentre si muovono in una danza allo stesso tempo tenera ed erotica: se, infatti, da una parte l’occhio dell’osservatore noterà la posa dolce e delicata della donna, che poggia teneramente la testa sulla spalla dell’amante, dall’altra coglierà la sensualità data dalla nudità dei corpi che si uniscono per mutarsi in una forma unica.

A ispirare l’artista nella realizzazione di questo gioco di corpi, movimenti e sguardi fu il ricordo della relazione con il compositore e musicista Claude Debussy, ricordo che le permise anche di mettere fine al tormentato rapporto con lo scultore Auguste Rodin, del quale Camille fu allieva e musa. L’incontro con il maestro Rodin sancì, infatti, l’inizio di una relazione adulterina e malsana, durante la quale all’amore che la donna provava e desiderava ardentemente si sovrapposero l’invidia e la voglia di prevaricazione da parte dell’amante, unite a vessazioni e soprusi che rappresentarono un fardello talmente pesante da causare nella donna una violenta forma di depressione.

Camille Claudel (Fère-en-Tardenois, 8 dicembre 1864 – Montfavet, 19 ottobre 1943) nasce da una famiglia benestante nei dintorni di Parigi; lo scultore Alfred Boucher fu il primo ad accorgersi del suo talento, notando la manualità con cui realizzava piccole figure in argilla. Il trasferimento a Parigi sancì la sua ascesa, ma l’inizio della relazione tossica con lo scultore Rodin ne segnò l’inesorabile declino. Quando, infatti, nel 1913, venne a mancare il padre di Camille, il suo più instancabile sostenitore, la madre decise di rinchiuderla in manicomio, dove passò gli ultimi trent’anni della sua vita in solitudine: le fu diagnosticata schizofrenia, ma sul suo malessere influì, molto probabilmente, proprio la depressione causata gli strascichi della relazione malsana con Rodin.

Quando nasci donna, succede che a volte il talento non basta, non basta a colmare la mancanza data dal non essere nata uomo, soprattutto se l’epoca in cui ti trovi a vivere osteggia in tutti i modi qualsiasi azione che esca fuori dall’ordinaria competenza di una donna: è quello che successe a Camille Claudel, che ebbe la “sfortuna” di nascere nel 1864, donna e con un talento straordinario per la scultura. Fortunatamente, però, la sua audacia e le sue opere hanno lasciato il segno.

Chiara Pirani