“Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse. Forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza” (Carlin)
Viaggiare è estremamente affascinante: si vedono posti nuovi, si provano emozioni senza eguali, ci si confronta con una realtà fuori dalla solita routine. Tuttavia, quando si parte, una sensazione di ansia inizia a serpeggiare nella mente, e allora si prega: si prega di arrivare sani e salvi, si prega che non succeda niente, si prega che tutto vada per il meglio. Per il tema ‘viaggio’, la rubrica sportiva di Cabiriams propone, a pochi giorni dall’anniversario, una miniserie senza lieto fine: Il Grande Torino.
La pellicola, prodotta nel 2005 dal regista Claudio Bonivento, ha come protagonista la città di Torino, che il 4 maggio del 1949 dovette assistere alla tragedia di Superga. Alle 17:03, il Fiat G.212 della compagnia aerea ALI, con a bordo l’intera squadra del Grande Torino, si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga. Nessun sopravvissuto, 31 vittime.

Torino, stagione 1948/1949. Erano gli anni del Torino, laureato quattro volte consecutive campione d’Italia, con un gioco tanto bello da far parlare di sé in tutti i quotidiani del mondo. Quella squadra così perfetta aveva fatto breccia nel cuore di Angelo, un ragazzino di 17 anni nato a Casoria, nel napoletano, facendo maturare in lui il desiderio di diventare un campione di calcio e di giocare nel magico Torino, indossando la maglia numero 10, quella del suo capitano, Valentino Mazzola.
Angelo si trasferisce proprio a Torino, dove studia e lavora per aiutare la famiglia senza mai abbandonare il suo sogno di giocare a calcio: con i primi risparmi, acquista un paio di scarpette e riesce ad ottenere un provino con il Torino. Tutto sembra andare per il meglio: entra nelle giovanili dei granata, frequenta i suoi idoli (tra cui capitan Mazzola), conosce Susanna, figlia del direttore tecnico del Torino, e se ne innamora. Intanto, il Grande Torino si avvia a vincere il quinto titolo consecutivo, sembrava che nulla avrebbe potuto bloccare la squadra. A poche giornate dalla fine del Campionato, capitan Mazzola propone al presidente del Torino di andare a giocare un’amichevole contro il Benfica a Lisbona, per salutare il suo amico Ferreira, capitano della squadra portoghese, che aveva annunciato il ritiro dal calcio giocato. Il presidente, dapprima contrario perché voleva che la squadra si concentrasse sul campionato, cede alle pressioni del suo capitano e acconsente. Angelo era entusiasta, ma a causa di una visita della famiglia decide di non partire per Lisbona.
Al ritorno dal Portogallo, il pomeriggio del 4 maggio, l’aereo della squadra si schianta contro la basilica di Superga. L’intero mondo calcistico è sotto shock. Il Grande Torino è partito per una trasferta senza ritorno. La FIGC assegna lo scudetto d’ufficio al Torino, ma il presidente Noto decide di far disputare le ultime 4 partite ai granata: in campo scendono le giovanili. Angelo, profondamente addolorato e con le lacrime agli occhi, percorre l’erba verde dello stadio di via Filadelfia indossando la maglia numero 10 del suo capitano. La pellicola è estremamente toccante, è facile commuoversi durante la visione.
La tragedia di Superga è una ferita ancora sanguinante del calcio italiano, che non verrà mai superata. La reazione sconvolta e addolorata di Angelo riproduce in piccolo la reazione che tutto il mondo ebbe in quelle ore. Commentare questa miniserie è difficile, perché seguirla lascia un velo di tristezza nel cuore che non si supera facilmente. Perché guardare Il Grande Torino? Oltre a raccontare una tragedia del calcio italiano, la miniserie apre uno spaccato sulla storia italiana di quel periodo, ad appena 4 anni dalla fine della sanguinosa Seconda guerra mondiale. Non è solo una pellicola a sfondo sportivo, è una dimostrazione di quanto la discesa dal Paradiso all’Inferno possa essere veloce.
Giulia Galante