Bentornati cari lettori all’appuntamento con la rubrica Inside Art. Oggi parleremo di una delle sculture più famose non solo del maestro Gian Lorenzo Bernini, ma della storia dell’arte inter: il Ratto di Proserpina.

Realizzata tra il 1621-1622, sul bianco marmo di Carrara, l’opera fu commissionata dal card. Scipione Borghese, il quale richiese esplicitamente questo soggetto, ad un Bernini poco più che ventenne, che andava affinando il proprio stile, e che, nonostante ciò, già mostrava delle potenzialità che nessun altro scultore aveva palesato fino a quel momento.
L’opera fu in seguito donata al card. Ludovico Ludovisi, in quanto personalità molto influente, essendo nipote di papa Gregorio XV, e dopo tre secoli trascorsi lontana dagli occhi del mondo, nei primi decenni del Novecento giunse alla Galleria Borghese, dove si trova tutt’ora.
I personaggi rappresentati da Bernini sono Plutone e Proserpina, figure della mitologia greca che ritroviamo protagonisti di un mito narrato all’interno delle “Metamorfosi” di Ovidio (in questo testo ci sono anche altri miti, come quello di  Apollo e Dafne, che vengono anch’essi immortalati nel marmo dal Bernini, e come per il Ratto di Proserpina sono situati presso la Galleria Borghese, nella stanza precedente a quella della nostra scultura). Secondo questo racconto, Plutone (Ade per i greci), dio degli Inferi, invaghitosi della bella Proserpina, decise di rapirla per fare di lei la sua sposa; la fanciulla era figlia di Giove e Cerere, dea romana del raccolto, che, venuta a conoscenza della triste notizia del rapimento di Proserpina, abbandonò immediatamente i campi, provocando gravissime carestie. Giove si recò da Plutone, intimandogli di restituire Proserpina, ma quest’ultima, avendo mangiato un pezzo di melograno mentre si trovava negli Inferi, non poteva far più ritorno sulla terra dei vivi. Infine, fu trovato un accordo, e si decise che Proserpina da quel momento in poi avrebbe passato sei mesi sulla terra con sua madre Cerere ed altri sei con Plutone negli Inferi: in questo modo, quando Proserpina era in compagnia della madre, i raccolti sarebbero stati abbondanti e rigogliosi, mentre quando la fanciulla sarebbe stata con Plutone il raccolto sarebbe stato secco ed improduttivo; da qui il motivo dell’alternanza delle stagioni sulla Terra.
Bernini sceglie di rappresentare il momento topico del mito, offrendo all’osservatore l’attimo di maggior pathos, in cui Proserpina cerca di divincolarsi dalle possenti braccia di Plutone che la cingono. Le due forze si contrastano, portando le figure in un complesso groviglio, creando una vera e propria spirale.
Nonostante la giovane età dello scultore, l’opera si propone come espressione tipica dell’arte barocca, pomposa e dinamica, senza che venga tralasciato alcun dettaglio: basti notare la presenza di Cerbero sotto le due figure, con le sue tre teste che guardano in ogni direzione, assicurandosi che nessuno possa interferire nei piani del suo padrone; oppure il volto di Proserpina, solcato da una lacrima che ne accentua la disperazione, mentre cerca in tutti i modi di fuggire; dall’altra parte, Plutone, con tutta la sua forza, affonda le dita nella coscia e nel fianco della fanciulla per catturarla, dandoci la sensazione che sia tutto reale.

Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 7 dicembre 1598 – Roma, 28 novembre 1680), oltre a essere stato un grandissimo scultore fu anche urbanista, architetto, pittore, scenografo e commediografo italiano. È considerato il massimo protagonista della cultura figurativa barocca. La sua arte conobbe un clamoroso successo e dominò la scena europea per più di un secolo dopo la morte. Si diceva di lui che avesse un temperamento sanguigno, con un ardore e un entusiasmo che non di rado si tramutavano in scatti di collera e ira. Tuttavia, seppur l’uomo non fosse dei migliori (come del resto lo era un altro grande scultore, Michelangelo), non possiamo negare la grandissima maestria con cui realizzò quelle opere che oggi ci affascinano con la loro bellezza, estraniandoci dal mondo, così che per un attimo tutto diventa silenzio, tutto diventa armonia.

Tommaso Amato

 

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