ralph

Prima di andare a vedere Ralph Spacca Internet avevo sentito soltanto dire che, come del resto tutti i sequel Disney, non reggeva il confronto con l’originale. Troppi personaggi secondari, troppe digressioni, battute poco divertenti, e in generale una mancanza di coesione. E per quanto tutte queste critiche abbiano tutto sommato un fondamento, a mio parere il sequel del film Disney più postmoderno di sempre semplicemente è stato realizzato con in mente una fetta di pubblico estremamente limitata, ovvero i ventenni cresciuti a film Disney e Internet.

Nel film, Ralph e la Vanellope, dopo 6 anni trascorsi in monotona tranquillità dagli eventi del primo film, si ritrovano ad affrontare una nuova crisi nella sala giochi che, se non affrontata, porterà Sugar Rush a essere disconnesso e Vanellope e i suoi compagni di gioco a essere sfrattati. Il volante del loro videogioco si è rotto, e l’unico pezzo di ricambio che si trova sul mercato è in vendita su eBay ma ad un prezzo troppo caro per il vecchio proprietario della sala giochi, che ormai non guadagna più abbastanza con i quarti di dollaro di questi bambini che girano con una sala giochi gratuita sempre nella tasca dei pantaloni.

Il caso vuole che alla stessa presa della corrente a cui sono attaccati tutti i videogiochi della sala, e che i personaggi usano come fosse una stazione, per spostarsi da un mondo virtuale all’altro, venga attaccato un modem del Wi-Fi. Ralph e Vanellope intraprendono così una corsa conto il tempo per salvare Sugar Rush, esplorando un mondo molto più vasto della ciabatta della sala giochi, sempre aperto e costantemente affollato.

Mentre i personaggi familiarizzano con barre di ricerca, aste online, il deep-web e i virus, lo spettatore si compiace di come la Disney abbia interpretato in chiave fantastica queste cose con cui tutti noi veniamo in contatto ogni giorno. I pop-up non sono altro che fastidiosi veditori ambulati che girano per il web cercando clienti da portare sui propri siti di spam. Dietro a ogni ricerca c’è un sapientone quasi odioso che di continuo tenta di suggerirti che cosa vuoi sapere prima ancora che tu abbia finito di dirglielo. Ma per quanto qualcuna di queste analogie possa essere compresa da un pubblico vasto, per quanto tutto sommato adulto e avvezzo all’uso di internet, per molte altre è necessaria una conoscenza istintiva di tutto ciò che è online per capire le battute.

La scena che forse più di tutte è emblema di ciò è quella in cui Vanellope incontra tutte le principesse Disney all’interno del loro camerino, in quanto nel mondo di internet lavorano come figuranti di loro stesse. Queste mettono in discussione lo status di principessa di Vanellope: come può essere una principessa se nessuno ha mai tentato di rapirla o avvelenarla, se non ha poteri magici, o se non esterna i suoi sogni più reconditi cantando una canzone mentre si specchia in un bacino d’acqua?

Né i bambini né tanto meno molti dei genitori capirebbero questa battuta. Bisogna conoscere tutta la filmografia del genere principesco, aver visto e rivisto quei film al punto da adorarli, ma conoscere anche tutte le criticità della misoginia dei primi film Disney per apprezzare la sequenza. E non è una cosa che si può pretendere da tutti gli spettatori, se non da quella fascia generazionale dei Millennials, amanti di pop-culture e diritti civili che in Frozen ha visto l’emancipazione di tutte le principesse Disney.

Sono loro quelli che conoscono il funzionamento di meme e video virali e solo a loro che puoi proporre un film basato su analogie coi siti internet. E sono solo loro, i Millennials, che possono capire la sequenza al termine dei titoli di coda (che non spoliererò).

Ralph Spacca Internet non ha conquistato i cuori del pubblico di massa perché non era a loro che si rivolgeva. Non ha conquistato i critici che hanno adorato il revival dei video giochi anni ’80 del primo film perché gli intimi funzionamenti di Internet probabilmente li alienano.

Con Ralph Spacca Internet sembra che la Disney si sia adattata alle meccaniche degli universi cinematografici Marvel, ovvero film a molteplici livelli di comprensione, in cui sia fan che pubblico di massa trovano qualcosa di godibile, ma solo i primi possono apprezzare a pieno ogni singolo elemento.

Lisa Wehrstedt

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