Ugo-Tognazzi-ne-La-vita-agra-Carlo-Lizzani-1964-_1

Questa è una storia social-psicologica sull’integrazione, post-miracolistica”, enuncia Ugo Tognazzi guardando in macchina: una definizione che viene data in La vita agra del miracolo economico italiano. D’altra parte “l’unico vero miracolo lo fece solo chi moltiplicò pani e pesci, e diede da mangiare alla gente gratis, in allegria”.

Perché scegliere La vita agra (1964) di Carlo Lizzani come primo “cadavere eccellente”? Perché il boom è stato un periodo irreversibile per la società italiana, certo. Perché la commedia è uno dei generi con cui è stata descritta perfettamente l’evoluzione della nazione, anche. Ma non basta, ce ne sono di commedie sul boom; bisogna dare i meriti a Luciano Bianciardi, autore dell’omonimo romanzo da cui è tratto il film, se ci è pervenuta un’opera che è al contempo un fantastico documento dei tempi e una favola sull’uomo moderno; un individuo che legge Garcia Lorca s’indigna, urla, cospira, ma non ha scampo, assuefatto ad un sistema i cui meccanismi d’assorbimento sono incontrovertibili. Eppure è a suo agio, Luciano Bianchi, o almeno crede di esserlo. È una vita dura e frenetica, lo sarà sempre, ma è così che va. A che pro lottare, qual era il motivo? L’ha dimenticato.

È l’epilogo della storia di un intellettuale, bombarolo, amante, traduttore, inventore di slogan, borghese, ed è ovviamente Milano il teatro di questa trasformazione. Il sarcasmo e l’anarchia della scrittura di Bianciardi (protagonista di un cameo nel film) sono trasportati sullo schermo da Carlo Lizzani sotto le forme del paradosso e dell’ironia, evidenti già nell’atteggiamento di Tognazzi all’inizio del film. I titoli iniziali sono attraversati dal montaggio serrato delle rivolte in strada, presto dimenticate e sostituite dalla vita frenetica del capoluogo lombardo. Un agglomerato di esseri umani, macchine, appartamenti e grattacieli in continua costruzione; un cantiere perpetuo, di edifici e di uomini, ed infatti è il protagonista a sottolineare: “Accidenti, com’è aumentata la media degli uomini medi”.

Uomini edificabili che arrivano da lontano, da Grosseto nel romanzo, da Guastalla nel film, rappresentanti di una realtà popolare che subisce la demolizione dei propri tratti distintivi in un vortice di scambi di denaro, circondata dall’aura del benessere. Il desiderio di un atto liberatorio, rivoluzionario, imbrigliato nelle noncuranze e nelle contraddizioni che il sistema stesso produce.

Ad arricchire il tutto c’è la colonna sonora di Piero Piccioni, che accompagna i movimenti di Ugo Tognazzi; in particolar modo con lo swing “Special”, la bossa nova di “Adoro” e “Madrugada (La vita agra)” contribuisce alla connotazione sarcastica del lungometraggio.

Selezionato tra i 100 film italiani da salvare, La vita agra è un tassello immancabile per qualunque appassionato di cinema italiano.

Roberto di Matteo

Pubblicità