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Un racconto brevissimo, poco più di cinquanta pagine, che racchiude un personaggio
singolare e argomenti significativi. Zweig comincia il racconto in una Vienna piovosa, quando la voce narrante è costretta a ripararsi all’interno del caffè Gluk.

Questo signore ci racconta che si trova in un locale qualunque, ma sente un’atmosfera
familiare che non riesce però a ricollegare a nessun ricordo.

“Ero in collera, come sempre si monta in collera quando un fallimento ci dà la piena
consapevolezza di quanto inadeguate e imperfette siano le nostre facoltà mentali.”

A un tratto però, scorta la sala da gioco, il ricordo di quell’uomo che se ne stava lì seduto tutto il giorno e tutti i giorni: Jakob Mendel.
L’aveva conosciuto anni e anni prima, quando, ancora studente, era stato portato al Caffè Gluk da un amico per cercare dei libri utili alla sua ricerca.

Jakob Mendel: un uomo straordinario, ma quello straordinario dato da una dote particolare, egli era un catalogo umano di libri. La sua memoria ricordava ogni titolo, ogni autore, anno di pubblicazione, edizione, frontespizio, ristampa. Non li aveva letti tutti, ma li conosceva tutti.
Più di tutto, però, era capace di avere una concentrazione assoluta finché leggeva.
Mentre i suoi occhi scrutavano le pagine, attraverso i tondi occhiali, non sentiva e non gli importava di nulla, era completamente e totalmente assorto nel libro. Anni dopo però quel tavolo era vuoto, come una pietra tombale. Ma che fine aveva fatto quel “piccolo grinzoso ebreo galiziano” che collezionava e rivendeva libri al Caffè Gluk? Nessuno ne sapeva nulla, o meglio, nessuno lo conosceva.
Il cambio di gestione del locale, la morte del proprietario della gastronomia di fronte hanno fatto perdere le tracce del cliente più importante e particolare.
Fortuna che è rimasta una vecchia inserviente che racconta all’avventore che cosa è capitato al signor “Medel dei libri”.

Stefan Zweig è sempre stato un cosmopolita, e questo è in parte ravvisabile anche in
Mendel che, nato e vissuto nella Polonia russa, va a Vienna e non chiede mai la cittadinanza austriaca, invia lettere in paesi stranieri e nemici durante la guerra, stupendosi di non ricevere risposta. Il suo distacco e la sua totale immersione nei libri non gli permettono nemmeno di porsi il problema della cittadinanza e tanto meno della guerra. Viene mandato in un campo di lavoro per un paio d’anni, perde i suoi libri, una parte di lui, e una volta tornato non sarà in grado di essere quello di prima, a causa di tutto quello che ha visto e a causa della lontananza dalla sua passione, dal suo essere se stesso.

Infine, il tema centrale di tutto il racconto, il ricordo, o meglio, l’oblio della memoria.
Un uomo straordinario, con questa immensa dote mnemonica, viene dimenticato. Nessuno, a parte i due narratori, sa nulla di lui, di tutto quello che sapeva e che aveva fatto: l’uomo dei libri che conservava il passato è stato lasciato lì, nel passato, senza nessuno chericordi e racconti di quanto straordinario sia stato.

“…proprio io che avrei dovuto sapere che i libri si fanno solo per legarsi agli uomini al di là del nostro breve respiro e difendersi così dall’inesorabile avversario di ogni vita: la caducità e l’oblio.”

Claudia Morbiato

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