
La Storia è piena di eventi più o meno importanti che si lasciano cadere nel dimenticatoio, il cinema è lì pronto puntualmente ad attingere e a farli riemergere all’attenzione delle persone. In questo caso la vicenda è quella di un’accusa, o forse più di una.
L’accusato è Alfred Dreyfus, ebreo capitano dello stato maggiore di Francia, condannato nel 1894 per alto tradimento avendo trasmesso documenti segreti alle autorità tedesche. La “prova schiacciante” sarebbe un documento in cui si legge il fatto, chiamato bordereau, sul quale si riconosce la calligrafia di Dreyfus.
Questo emblematico affare della storia francese poteva essere rappresentato in vari modi, ma traendo la sceneggiatura dall’omonimo romanzo di Robert Harris, Roman Polanski sceglie di mettere in risalto il punto di vista dell’ufficiale Georges Picquart, le cui indagini verranno sempre più ostacolate dall’esercito stesso. L’ostracismo nei suoi confronti provocherà l’intervento di Émile Zola che darà il titolo al film, perché J’accuse è la sua lettera aperta pubblicata sul giornale socialista francese L’Aurore nel 1898, diretta al Presidente della Repubblica francese proprio in difesa di Dreyfus, e l’accusa è mossa nei confronti di tutti i membri dell’esercito coinvolti.
È incredibile vedere come ad 86 anni Polanski presenti un film assolutamente diverso dai suoi ultimi lavori – fatta eccezione forse per L’uomo nell’ombra (2010) – in cui in ogni inquadratura della ricostruzione storica della Parigi dell’800, a brevi tratti ispirata dai dipinti di Manet (firmatario anch’egli di una petizione a favore di Zola e Dreyfus) e Degas,colpisce per l’attenzione minuziosa ad ogni dettaglio e mostri una spaventosa anticamera dell’anti-semitismo che di lì a poco sarebbe dilagato in Europa. “Big stories often make great films” dice Polanski, e non c’è dubbio che l’affare Dreyfus abbia una portata universale potente, ma la trasformazione (anche visiva) che un fatto storico subisce nel diventare una Spy story di due ore e dieci ha indubbiamente altrettanta potenza. J’accuse è un film che ha la maestosità dei classici nella quale si può sentire l’eco di Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick con cui condivide quasi la stessa Francia (quella della prima guerra mondiale) che sebbene poco distante utilizza ancora gli stessi metodi militari; al contempo sono entrambi portatori di un discorso che Louis Garrel – interprete di Alfred Dreyfus – riassume bene in conferenza stampa: “quando ho finito di vedere il film mi ha fatto pensare ad un libro che ho letto a 15 anni, che cos’è l’arte di Lev Toltoj, in cui per dirla in breve sosteneva che l’arte è quella cosa che spinge le persone a fare del bene”
J’accuse uscirà nelle sale il 21 Novembre.
Roberto di Matteo