Judy, diretto da Rupert Gold, è l’adattamento del dramma “End of the rainbow” di Peter Quilter. Dopo essersi aggiudicato il Golden Globe per la Migliore attrice in un film drammatico, Judy riceve sia due candidature agli Oscar, rispettivamente per Miglior trucco e acconciatura e Migliore attrice, sia tre candidature ai Bafta (equivalente inglese degli Oscar) per Migliore trucco e acconciatura, Migliori costumi e Migliore attrice protagonista.
Il film racconta gli ultimi mesi della vita della celebre attrice durante il suo tour in Inghilterra, intrapreso nel tentativo di riuscire a guadagnare abbastanza denaro per crearsi di nuovo una vita con i suoi figli più piccoli. Poco viene mostrato degli inizi della sua carriera, ma abbastanza per
percepire che la sua infanzia, e conseguentemente l’adolescenza, sono state distrutte dall’aver intrapreso troppo presto questa carriera. Se in questi brevi momenti mostratici la piccola Frances (nome di battesimo) sembra vessata dalle responsabilità e dai divieti del suo lavoro tanto da non poter decidere quando dormire o restare sveglia, quasi alla fine ci si rende conto che Judy è venuta allo scoperto ed ama essere osannata dal pubblico.

Il regista ci mostra dunque il ritratto di una donna che, se da un lato è cresciuta troppo in fretta, dall’altro brama ancora l’approvazione di chi le sta intorno, come una bambina in cerca di attenzioni. Si riesce a notare tale aspetto soltanto attraverso i primi del regista sull’attrice, in grado di mettere in luce tutte le sfumature di questa particolare caratterialità. Unitamente alla straordinaria performance di Renée Zellweger, che ha rivelato una magnifica abilità nel riproporre i gesti, le spalle curve, lo sguardo perso nel pubblico, ma soprattutto i segni fisici del dramma che vive da sempre della Garland, questo film dà la possibilità di percepire una realtà come quella della dive di Hollywood che contemporaneamente crea i personaggi che tutti noi amiamo, ma distrugge inevitabilmente le vite degli esseri umani chiamati a interpretarli.
Probabilmente proprio la decisione di far sentire per la prima volta nella pellicola la voce di Judy ben dopo la prima mezz’ora significa per il regista sottolineare proprio la difficoltà per l’attrice di essere ancora una volta in balìa del suo pubblico, e ciò la blocca l’istante prima di salire sul palco, salvo poi restituire una performance quasi perfetta. Solo alla fine l’audience ascolta il brano che l’ha resa celebre, seppur cantato con la voce rotta dalla disperazione di una donna che spera di poter finalmente realizzare i suoi sogni.
Simona Sucato