Una regola nemmeno troppo segreta della moderna industria dell’intrattenimento si potrebbe trascrivere così: quando di un qualsiasi argomento x viene fatto un film o documentario che finisce su Netflix, si può considerare tale argomento irrimediabilmente compromesso dal punto di vista commerciale.
Come nel caso dei funghi, anche gli psichedelici sono rientrati con forza e colore sotto i radar di scrittori, registi e investitori che non vedono l’ora di presentare al grande pubblico la prossima rivoluzione (sempre per una minoranza, si intende).
Il documentario/intervista Un buon trip: avventure psichedeliche di Donick Cary cavalca infatti l’onda dell’entusiasmo proponendo una raccolta di simpatici aneddoti e spolverate di scienza del trip, puntando tutto sui grandi nomi che partecipano al film, sugli intermezzi colorati e sul fatto che qualcuno che clicchi sopra i consigli di Netflix si trova sempre.
Gli accompagnatori di questo viaggio sono un concentrato di cultura pop degli ultimi anni che garantisce una presa sicura sul pubblico di tutte le età, gli spettatori entrano così in un variopinto tunnel nel quale la realtà si distorce e i sensi esplodono in una vera e propria festa della percezione in compagnia dei propri idoli di ieri ed oggi.
Ed è così che vediamo, tra gli altri, sua maestà tantrica Sting dispensare consigli agro-chic su come iniziare a cambiare il mondo (again?) e sé stessi partendo dall’assunzione – sempre controllata mi raccomando – di sostanze allucinogene; ascoltiamo Ben Stiller raccontare un bad trip degno di un boy scout (e nemmeno di quelli fighi); riviviamo insieme ad Anthony Bourdain la sua prima esperienza psichedelica che sembra quasi un film lynchiano; ascoltiamo dalle parole della magnifica Carrie Fisher il potenziale liberatorio delle esperienze psichedeliche.
Un po’ di tutto insomma, compresi i pareri di medici e scienziati che da anni si dedicano all’argomento e che presentano gli indubbi benefici dell’assunzione – sempre controllata, ricordate! – di determinate sostanze.

La parte più esilarante però non sembra essere tanto quella aneddotica e dal fascino hippie quanto quella che ripercorre le politiche governative per contrastare la diffusione delle sostanze stupefacenti tra i giovani, come ad esempio il filmato d’epoca sul Bad Trip che, nella sua assoluta e completa serietà, è quanto di più bizzarro, grottesco e imperdibile possa scaturire dalla mente di chi ha organizzato la fallimentare war on drugs.
Ben lungi dall’essere sconvolgente o rivoluzionario, Un buon trip: avventure psichedeliche vivacchia allegramente per un’ora e mezza tra storielle e risate da salotto che faranno passare una serata piacevole e daranno agli spettatori qualche informazione che potranno rivendersi alla prossima uscita di gruppo. Per tutti gli altri non resta che un avviso. Prepariamoci: la psichedelia è la tornata di moda come antidoto ai mali della società moderna iper-capitalista (un po’ come lo zen a wall street di cui parlava Žižek) e di conseguenza sarà il prossimo mercato da sfruttare al massimo. È probabile quindi che nei prossimi anni usciranno decine di documentari sul tema, verranno scritti e ahinoi pubblicati libri a metà tra lo spiritualista e l’autorealizzazione (roba che P. Brosio scansate) e inizieranno ad apparire sempre più trovate commerciali per ricavare guadagni e attirare investitori. Perché, alla fine, l’illegalità è solo un’etichetta, cioè una questione di prezzi e di mercati potenziali.
Marco Lera