Per il mese di febbraio, protagonista della rubrica InsideArt sarà l’arte al femminile, e il dipinto di oggi celebra due artiste donne, che in epoche diverse hanno interpretato, ciascuna con il proprio gusto artistico e le proprie peculiarità, la storia di Giuditta e Oloferne. Prima della più conosciuta interpretazione operata dalla pittrice Artemisia Gentileschi, un’altra donna mise olio su tela l’episodio narrato nell’Antico Testamento che vide l’ebrea Giuditta ergersi a salvatrice della patria dall’invasione assira, brandendo la testa sanguinante del generale assiro Oloferne, sotto lo sguardo dell’ancella aiutante: si tratta dell’artista Fede Galizia, talentuosa d’arte milanese.
Nella sua “Giuditta con la testa di Oloferne“, l’episodio viene presentato dalla pittrice, particolarmente abile nella raffigurazione di stoffe e ornamenti grazie a quanto appreso nella bottega del padre Nunzio, mettendo in evidenza non l’atto truce e violento della decapitazione, ma accentuando il significato glorioso nella bellezza della figura femminile, vestita con abiti eleganti e sontuosi.
Il dipinto si presenta anche come un gioco di contrasti: spicca il candore della pelle di Giuditta contrapposto al tono ambrato e alla barba scura del generale Oloferne; le vesti sontuose di Giuditta, rese ancora più preziose da ornamenti e gioielli, si contrappongono, invece, alla semplicità povera degli indumenti indossati dalla serva, differenti anche a livello cromatico, che s’intravedono dietro la testa di Oloferne. Ad accomunare la rappresentazione dei due vestiari, però, è l’estrema cura del dettaglio: ogni piega degli abiti, ciascun particolare viene reso in maniera impeccabile, e questa abilità si ritrova anche nel drappo rosso, che con il suo velluto quasi tangibile incornicia la scena.
Fede Galizia (Milano, 1578 ca. – Milano 1630 ca.), pittrice milanese autodidatta, apprese gran parte delle tecniche utilizzate trascorrendo molto del suo tempo tra le mura della bottega del padre, pittore miniaturista, e la sua arte appare come una commistione tra gli spunti offerti dalla tradizione lombarda e gli influssi dati dalle esperienze artistiche a lei contemporanee. Dedicò all’arte praticamente una vita intera: dei suoi 52 anni, quasi quaranta, infatti, vennero consacrati alla pittura, unica compagna di una vita condotta quasi segretamente. Tra le sue creazioni, spiccano diverse nature morte ma, tra tutte le opere, “Giuditta con la testa di Oloferne” emerge principalmente per essere la prima documentata su questo soggetto eseguita da una donna pittrice.
Il dipinto in questione conta tre versioni, rispettivamente datate 1596, 1601 e 1620: in tutte e tre spicca la volontà, da parte dell’artista, di concentrarsi sulla celebrazione della figura femminile, sulla sua acconciatura, sui suoi gioielli preziosi, sugli abiti eleganti e raffinati, tanto da far quasi perdere di vista la testa mozzata e sanguinante di Oloferne. L’intento, quindi, risulta quello di evidenziare la forza della donna, di renderla potente e di ergerla ad eroina del suo popolo.
Chiara Pirani