Dopo l’immenso successo del suo primo film Scappa – Get Out, Jordan Peele ritorna sul genere horror con Noi (Us) in uscita in Italia il 4 aprile. Le aspettative su Peele sono alte: replicare il mix perfetto di humor, dramma, horror, critica sociale e genio che è stato il suo esordio nel 2017 non è di certo un compito da poco. Ma ciò che forse è rimasto più impresso nel pubblico di Scappa è la forte impronta registica che Peele non manca di replicare in Noi.
Il film segue Adelaide (Lupita Nyong’o) mentre ritorna nella sua casa d’infanzia, sulle spiagge di Santa Cruz, insieme al marito Gabe (Winston Duke) e i due figli. Ma in quei luoghi aleggia una strana presenza, il ricordo di un’esperienza traumatica che ha segnato Adelaide da bambina e che lei non è mai riuscita a scordare. Avrà avuto neanche 6 anni quando, durante una serata passata al luna park con in genitori, si allontana e si avventura dentro una casa degli specchi, in cui incontra un’altra bambina, identica a lei, ma molto più di un riflesso.
Adesso, 30 anni dopo, Adelaide sente che la bambina si sta avvicinando. E non si sbaglia: una sera, sul vialetto di casa, la bambina torna, e si è portata dietro tutta la famiglia.
È difficile se non impossibile parlare di questo film senza spoilerare la trama, ma in egual modo è essenziale esplorare il mondo e i personaggi di Noi senza alcuna precognizione. Il trailer di per sé spoilera fin troppo. Diciamo soltanto che il film parla di doppelgänger, copie identiche delle persone.
Peele fa un ottimo lavoro nel creare tensione. Nella prima mezz’oretta del film ci presenta la famiglia, prototipo di quella tipicamente americana, e fa in modo di farcene piacere i componenti e di farci interessare di Adelaide e delle sue preoccupazioni. Scopriamo quanto Gabe sia un marito amorevole e un padre imbarazzante, e che Zora e Jason sono dei gran bravi bambini. Tutto perfetto per farci passare il resto del film incollati allo schermo e pregare che la famiglia Wilson ne esca fuori sana e salva.
A fare da guida attraverso questo mondo sono di certo le performance, tutte molto valide, anche quelle dei bambini (Shahadi Wright Joseph e Evan Alex), sebbene si affidino troppo ai topoi del genere horror, come sguardi truci, fisicità rigida, grugniti, etc. Nessuna, però, eccezionale come Lupita Nyong’o, che non sorprenderebbe affatto se l’anno prossimo venisse nominata sia come miglior attrice protagonista che come miglior attrice non-protagonista, per le sue interpretazioni di Adelaide e il suo doppio Red.
È sempre complesso quando un attore interpreta due personaggi creare performance diametralmente opposte, ma con estrema maestria nella fisicità e nella voce, i due personaggi appaiono come due donne completamente diverse. C’è da meravigliarsi di come questo sia il primo ruolo da protagonista della Nyong’o, dal suo debutto cinematografico in 12 anni schiavo nel 2013.
Ma se gran parte del fascino di Scappa è dato dall’irriverenza del suo messaggio di critica sociale e dalla schiettezza con cui punta il dito contro i bianchi, Jordan Peele stesso ha affermato che Noi non parla di razza. Il film però dà l’impressione che ci sia un significato più profondo, una metafora con la società americana che il titolo stesso riprende (Us come “noi” ma anche come US, abbreviazione comune di USA).
Pur non avendo un messaggio così facilmente identificabile, Noi ha comunque un forte potere evocativo che va ben oltre la trama, e lascia come l’impressione che tra dieci o vent’anni riguarderemo questo film e le future altre opere di Peele come se fossero una cartina tornasole della società contemporanea.
Lisa Wehrstedt