“Parasite” è il nuovo film di Bong Joon-ho, regista sud coreano già famoso per film come “The Host” e “Memories of Murder”. Dopo l’esperienza americana con “Snowpiercer” e il film Netflix “Okja”, il regista ci regala un film indimenticabile, già consacrato in occidente grazie alla Palma d’Oro vinta a Cannes quest’anno.

Il film segue la vicenda della famiglia Kim, composta da quattro elementi estremamente poveri ma altrettanto intelligenti, ambiziosi e un pò maliziosi. Le loro vite cambiano improvvisamente quando il figlio Ki-woo viene assunto, con un inganno, come insegnante privato d’inglese dalla facoltosa famiglia Park. Proprio nella lussuosissima casa dei Park, i Kim avranno modo di riscattarsi ma anche di confrontarsi con gli oscuri segreti della villa.

“Parasite” inizia la sua storia quasi come una commedia all’italiana, una classica situazione comica in cui i poveri riescono a farsi beffe della ricca borghesia attraverso la loro astuzia. Il tono della commedia viene mantenuto per tutta la prima metà del film per poi diventare molto più nero nella parte centrale e, infine, sfociare nel dramma nell’atto finale. 

Bong Joon-ho ha voluto separare i tre “movimenti” del film con la pioggia, dividendo il film idealmente in un prima, un durante e un dopo la pioggia.

Il messaggio politico della pellicola è estremamente chiaro ed efficace: non solo la lotta di classe messa in scena dal confronto tra le due famiglia, ma anche la futilità di questo conflitto che sembra irrisolvibile e che mieterà molte più vittime del previsto. I poveri non saranno mai dei veri ricchi e i ricchi non riusciranno mai a provare vera empatia per i poveri.

A livello di regia è impossibile non notare il magistrale lavoro svolto da Bong Joon-ho sugli spazi. L’alto e il basso vengono sempre messi a confronto, così come le due famiglie, mentre la lussuosa villa finisce per assumere significati diversi in base al personaggio che la abita in una determinata inquadratura.

Parasite” è un film unico nel suo genere, sospeso a metà tra il crudo realismo e l’onirismo fiabesco. Conquista grazie ai suoi personaggi, ai suoi ambienti e alle situazioni divertenti, ma non risparmia lo spettatore da un impietoso confronto con la realtà che, come per i protagonisti del film, è pronta a frantumare i nostri fragili sogni in qualunque momento.

Marco Andreotti

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